le fosse della neve a ischia – il video

Scenari evocativi di un passato non molto lontano, quelli immortalati nel video che segue.

Grazie alla neve di questi giorni torniamo per un attimo all’epoca in cui i “nevaioli” venivano chiamati a raccolta dal suono della tofa (un tritone, una conchiglia che ancora una volta sottolinea il legame indissolubile tra il territorio montano ed il mare dell’isola d’Ischia). 

Nelle fosse, la neve veniva accumulata e compattata fino a farla diventare ghiaccio, utilizzato per usi medici, conservare il cibo e preparare sorbetti per i facoltosi “forastieri”.

Questo, e tanto altro, nasconde agli occhi dei meno curiosi il villaggio rupestre della Falanga, tra le mete più caratteristiche delle nostre escursioni trekking. Vederlo ricoperto di neve è per noi una grande emozione.

Nel 1905, quasi sul finire di questo periodo, Don Florindo Matarese componeva un bel sonetto dialettale dedicato al lavoro dei nevaioli, di cui vi riportiamo due strofe:

“Iammo, cumpegne, ca lu viente è ssicco,
e la neve fa vatte’ le gangagghie;
Venite a bbeve, ca ‘u patrone è ricco,
pane e sarache…, e doppo po’ s’appagghie.
Iza ‘stu murcugghione…. iza ‘n è picco,
ca cu lu vine è deventete pagghie,
Belli figghiù, che d’è ‘stù tticco tticco?
Iza ‘u pontone…, ca se no si squagghie”
(TRADUZIONE)
“Su, su, compagni che il vento è secco,
e la neve fa battere le ganascie;
Venite a bere, chè il padrone è ricco,
pane e salacche…. e dopo s’incomincia.
Alza quest’ammasso di neve, un altro poco,
che col vino è diventata paglia
Bei giovani, cos’è questo ticchettìo?
Alza il pontone…, se no si scioglie”.

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